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IL calendario di Coligny

Ultimo Aggiornamento: 18/09/2007 20:39
18/09/2007 20:39
 
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in verità Calendario delle Stagioni Celtico o semplicemente di Ogham
Da: www.specchiomagico.net/magiaceltica4.htm

IL CERCHIO DI FUOCO
Storia, mito, folklore, magia dei Celti

Il Calendario di Coligny
La misura del tempo presso i Celti (1) era basata sul ripetersi delle fasi lunari, che sono di facile e immediata osservazione. A questo proposito abbiamo un importantissimo reperto archeologico, scoperto nel 1897 a Coligny, in Francia, nella regione dell'Ain (a Ovest del lago di Ginevra), un tempo abitata dalla tribù degli Ambarri. Qui furono trovati 150 frammenti di una tavola di bronzo, che in origine doveva essere circa di 1,5 per 1 metro, con incisioni che riproducevano un calendario. Questi reperti sono ora conservati a Lione, nel Museo della Civiltà Gallo-Romana sulla collina di Fourvière.

Il Calendario di Coligny non è il solo calendario celtico ritrovato; altri frammenti sono venuti alla luce nel Giura Francese, ma così pochi da rendere impossibile qualsiasi ricostruzione. Anche nel sito di Knowth, in Irlanda, c'è una pietra con incisioni che si rifanno ad un calendario lunare basato sugli stessi principi di quello di Coligny. In ogni caso, quello di Coligny è l'unico vero documento storico che abbiamo sulla misurazione del tempo presso i Celti. Anche se non abbiamo avuto la fortuna di trovarne altri ben conservati, è ragionevole presumere che sia solo un esempio dei calendari abitualmente in uso tra i Celti. Nonostante i frammenti riescano a coprire a malapena la metà dell'intera tavola, la loro disposizione ha comunque permesso di ricostruire la struttura del calendario, che è compilato in lingua gallica ed in caratteri latini. Il restauro fu completato nel 1960 ad opera di A. Duval e Georges Pineault.

Datato al secondo secolo dopo Cristo, il calendario è diviso in sedici colonne di quattro mesi lunari ciascuna, per un totale di 64 mesi, che rappresentano un periodo di cinque anni. La sequenza dei mesi del calendario è anomala rispetto ai calendari usati nello stesso periodo in altri paesi. Infatti mostra cinque anni lunari completi, ciascuno con dodici mesi di 29 o 30 giorni alternati, con in più due mesi accessori, detti intercalari, che servivano per far diventare il calendario luni-solare. Mentre il calendario lunare si rifà alle sole quattro fasi lunari, per un totale di 354 giorni, quello solare, che tiene conto del moto apparente del Sole durante tutto l'anno, arriva fino a 365, con uno scarto compensato dall'anno bisestile.

E' curiosa la coincidenza che il calendario “Vedico” dell'India antica fosse diviso in dodici mesi lunari di 29 o 30 giorni, ed ogni mese fosse diviso in due Paksa, due quindicine di cui una chiara e una scura a seconda delle fasi lunari. Al tempo di Giulio Cesare i Romani usavano ancora il calendario lunare voluto dal re Numa Pompilio, che nella sua riforma del calendario aveva portato l'anno a 355 giorni. Questo fu conservato fino a quando arrivò il calendario Giuliano, voluto da Giulio Cesare, non più fondato sui cicli lunari, bensì su quelli solari. Ancora adesso esiste un “calendario lunare” per gli agricoltori, che tiene conto delle fasi della luna per organizzare semine e trapianti.
Le sequenza annuale, composta da sette mesi di 30 giorni e da cinque mesi di 29 giorni, è la seguente:

SAMONIOS (30 giorni, mese propizio Mat, che significa completo)
il "tempo della caduta dei semi";
DUMANNIOS (29 giorni, mese infausto Anmat, che significa incompleto)
il "tempo profondamente oscuro";
RIVROS(30 giorni, mese propizio Mat)
il "tempo freddo";
ANAGANTIOS (29 giorni, mese infausto Anmat)
il "tempo in cui non si può uscire";
OGRONIOS (30 giorni, mese propizio Mat)
il "tempo di ghiaccio";
CUTIOS (30 giorni, mese propizio Mat)
il "tempo dei venti";
GIAMONIOS (29 giorni, mese infausto Anmat)
il "tempo di mostra di germogli";
SIMIVISONIOS (30 giorni, mese propizio Mat)
il "tempo di lucentezza";
EQUOS (30 giorni, ma mese infausto Anmat)
il "tempo dei cavalli";
ELENBIUOS (29 giorni, mese infausto Anmat)
il "tempo dei reclami";
EDRINIOS (30 giorni, mese propizio Mat)
il "tempo di arbitraggio";
CANTLOS (29 giorni, mese infausto Anmat)
il "tempo del canto".

Con questo tipo di divisione dell'anno i Celti furono obbligati ad aggiungere due mesi intercalari:
CIALLOS (tra Cutios e Giamonios)
QUIMON (tra Cantlos e Samonios)
ciascuno di 30 giorni, da inserire ogni trenta lunazioni. Ogni mese era diviso in due parti, rispettivamente di 15 + 15 o di 15+ 14 giorni.
A partire dal primo quarto di luna si aveva il periodo di luce; a partire dall'ultimo quarto il periodo di tenebre. Ogni mese cominciava in corrispondenza della notte di primo quarto di luna (probabilmente per la comodità nel vederne le fasi). Su questa particolarità abbiamo la testimonianza di Giulio Cesare, che nel suo De bello gallico disse che i Galli celebravano feste, anniversari e inizio dei mesi in modo tale che il giorno seguisse la notte.
Probabilmente per i soli scopi rituali magico-religiosi sarebbe andato bene anche il calendario lunare; dovendo usarlo anche per tutto il resto, bisognava fare un adattamento che tenesse conto del sole.
Le quattro principali festività religiose celtiche erano legate ai cicli delle stagioni: Trinuxtion Samoni, Imbolc, Beltane e Lughnasad erano poste a distanza di circa tre mesi l'una dall'altra. Solo Samhain doveva obbligatoriamente essere tra la Luna Calante e il Novilunio; è anche l'unica ricorrenza segnata in tutti e cinque gli anni, perché corrispondeva al Capodanno celtico.
Sul calendario, compilato in lettere romane, tra la prima e la seconda quindicina ricorre la parola Atenovx, rinnovamento, che vuol dire ritorno alla luna nuova. Compaiono anche altre scritte, di cui non si sa esattamente il significato, ed anche un augurio: “Ciallos Beis Nonnocingos” (ti sia propizio il cammino del cielo).

L’alfabeto degli alberi
Gli scambi culturali con gli altri popoli, ed in particolare con i Greci, avevano fatto conoscere ai Celti l'astrologia mesopotamica, portata in Grecia da Alessandro Magno. E tutte le testimonianze concordano col fatto che essi conoscevano i moti dei Pianeti e con il loro studio potevano prevedere gli eventi futuri: se ne deduce che sapevano padroneggiare l'astrologia come noi la conosciamo. Se è esistito uno zodiaco celtico degli alberi, quindi, ha avuto solo valore magico-simbolico, non divinatorio.

E' nota a tutti la straordinaria venerazione dei Celti per gli alberi. Le piante erano utilissime in medicina, base per ogni medicamento risanatore; indispensabili in magia, perché la presenza di almeno una delle piante sacre assicurava l'efficacia della pozione. Ma le piante intervenivano anche in questioni importantissime: per decidere se fare una cosa o il suo contrario, si “tirava il legno”, affidando allo spirito della pianta usata (di solito il tasso, il sorbo o un albero da frutto) il responso. Nel diritto celtico esisteva il giudizio delle piante: se qualcuno veniva accusato di una grave colpa, poteva chiedere l'ordalia dell'albero per provare la propria innocenza. Si prendevano tre legnetti: il legno dell'innocenza, il legno della colpevolezza e il legno della Triplicità, in onore alla triplice forma della divinità. Se usciva il legno della Triplicità, si tirava ancora, fino al responso chiaro: colpevole o innocente.
Gli alberi erano un punto di correlazione tra cielo e terra, con le loro radici saldamente piantate nel terreno, il tronco sulla terra e i rami protesi verso il cielo. L'albero era simbolo di infinito, di continua rigenerazione: perdeva le foglie in autunno, rinsecchiva in inverno, rifioriva a primavera, dava i frutti in estate.

Noi sappiamo che i Celti avevano un Alfabeto degli Alberi, corrispondenza tra le lettere dell'alfabeto Ogham e le piante sacre. La nostra fonte d'informazioni è il cosiddetto Book of Ballymote, compilato alla fine del XIV secolo nel castello di Ballymote da alcuni scribi a servizio della famiglia McDonagh. Il preziosissimo libro visse molte avventure e passò per varie mani, prima di approdare felicemente alla Royal Irish Academy. A noi interessa soprattutto perché riporta due liste distinte di lettere dell'alfabeto celtico Ogham (che si differenziano per piccoli particolari) con le piante corrispondenti.
Il libro afferma che l'alfabeto era stato inventato da "Ogma faccia-di-sole"; il dio aveva creato quattro pilastri uguali e su questi aveva inciso le venti sacre lettere. Aveva poi insegnato ai Druidi una specie di alfabeto muto, per usare le lettere senza scambiarsi parole.


Nell'immagine sopra,
i segni e le lettere dell'alfabeto Ogham

Un'altra leggenda molto più antica, invece, fa risalire le origini dell'Ogham a Fein's Farsaidh, un personaggio avventuroso che, nei suoi viaggi per il mondo, era arrivato in Israele proprio nel momento della costruzione della Torre di Babele. Caduta la torre, constatato che nessuno riusciva più a capirsi, l'intraprendente Fein's inviò settantadue suoi compagni in giro per il mondo conosciuto, ad imparare ogni lingua. Dopo dieci anni essi tornarono e Fein's selezionò le più melodiose lingue per creare un nuovo linguaggio, in Berla tobaide (la lingua scelta), una specie di esperanto dell'epoca, che chiamò Goidelic: l'antenato del gaelico. Inventò poi le lettere dell'alfabeto Ogham per scrivere questa straordinaria lingua.
L'alfabeto Ogham era composto da tre gruppi di cinque consonanti e da un gruppo di cinque vocali. Le consonanti erano sotto l'influenza della luna, le vocali del sole. Ogni lettera era l'iniziale di una pianta. Da questo, per una interpretazione molto personale dello scrittore e poeta Robert Graves, in un suo libro del 1948 sulla grammatica del mito (il già citato La dea bianca) sono partite speculazioni su di un calendario degli alberi come base dell'astrologia celtica. In realtà, non avendo prove documentate scritte, nessuno può sapere se questo è vero. Gli studiosi moderni sono quasi tutti d'accordo nel dire che B come betulla e S come salice sono solo modi per imparare l'alfabeto e per semplificarne il ricordo ai bambini.

L’alfabeto degli alberi: Lettera/Nome celtico/Pianta

B- Beithe-BETULLA

L- Luis- SORBO ROSSO

N- Nuin, Nion- FRASSINO

F- Fearn- ONTANO

S- Saille- SALICE

H- Huathe- BIANCOSPINO

D- Duir- QUERCIA

T- Tinne- AGRIFOGLIO

C- Coll- NOCCIOLO

M- Muin- VITE

G- Gort- EDERA

P, nG- nGetal- CANNA

Q- Quert, Queirt- MELO

R- Ruis- SAMBUCO

Ss, St- Straif- PRUGNO

A- Ailim, Ailm- ABETE ARGENTATO

O- Ohn, Onn- GINESTRA

U- Ur- ERICA

E- Eadha- PIOPPO BIANCO

I- Ioho- TASSO

C'erano poi cinque gruppi di lettere in combinazione, inserite nell'alfabeto molto più tardi, sempre con le loro piante corrispondenti:

EA- Ebhadh- PIOPPO TREMULO

OI- Oir- EDERA

UI, PE- Uilleand- CAPRIFOGLIO

IO- Iphin- UVA SPINA

CH- Koad- BOSCHETTO



Devon Scott


Il testo è tratto da Il cerchio di fuoco. Storia, mito, folklore e magia dei Celti.
Copyright, tutti i diritti riservati. Divieto assoluto di riproduzione.
File aggiornato nel Novembre 2005.
Note bibliografiche
1- Sui calendari nel corso dei secoli ed in particolare sul Calendario di Coligny si vedano Adriano Gaspani- Silvia Cernuti, L'Astronomia dei Celti. Stelle e misura del tempo tra i druidi, Edizioni Keltia; Michele Francipane, L'avventura del calendario. Una storia antica come il mondo, Edizioni Sonzogno.

Solo per il vostro piacere [SM=x1263923]
Daréios
Arcidruido di Avalon
ArchiPresbyter Druidum Insula Avallonis
[Modificato da $Darius$ 18/09/2007 20:50]
Daréios Merlino.
Arcidruido di Avalon.
Archipresbyter insula Avallonis.
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