Agnello Vegetale

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lucas.corso
00giovedì 11 ottobre 2007 18:41
L'agnello vegetale della Tartaria (o di Scizia) è una pianta semi-leggendaria dell'Asia centrale, che si crede dia come frutto delle pecore. Essa è conosciuta anche col nome di Planta tartarica barometz (oppure borametz, o borometz), essendo barometz parola tartara indicante l'agnello. Essa costituirebbe dunque un essere vivente a metà tra il vegetale e l'animale, come la Mandragola. Si dice infatti che intorno al borametz non possano sopravvivere altre piante e che a tagliarla ne esca una linfa simile a sangue.

Sempre secondo la leggenda (le cui origini si rinvengono nel XI secolo), i batuffoli di cotone erano in realtà minuscole pecore attaccate alla pianta per mezzo del loro cordone ombelicale. L'arbusto poteva piegarsi per permettere alla pecora di brucare l'erba; una volta che questa si fosse esaurita, la pecora sarebbe scesa dal barometz lasciando morire la pianta. Si dice inoltre che lupi e altri animali rapaci andassero ghiotti di questa pianta e che i batuffoli di cotone venivano utilizzati per fabbricare copricapi.

In un’altra versione, una volta che i frutti della pianta (simili a zucche, meloni o cocomeri) erano maturi, si tagliavano a metà, e al loro interno si poteva trovare un agnello. Sia il frutto che l’agnello al suo interno erano considerati commestibili e molto dolci.

In un’altra ancora tagliando uno degli arti all’agnello sarebbe uscito un liquido molto simile al sangue.

In una versione (la più vicina alla realtà) si parla dell’ esistenza della pianta : si tratta di una serie di curiosi oggetti di origine indubbiamente vegetale, con la forma inequivocabilmente di un agnellino in miniatura; inoltre si afferma che le pellicce che oggi definiamo di “persiano” sono niente altro che la ricercata pelle, opportunatamente conciata, dell’ agnello vegetale. Si tratta di una felce a grande sviluppo ( raggiunge anche i quattro metri e mezzo di altezza ) con un grosso rizoma coperto di una peluria setolosa da cui si dipartono robusti steli. Basta tagliare opportunatamente questi steli per simulare delle gambe o far rassomigliare il tutto ad un agnellino. Questa versione venne travisata affermando che l’ attribuzione della pelliccia di “persiano” al Borametz era solo un espediente per nascondere la più sconvolgente provenienza della stessa da feti di agnellino strappati dal ventre delle loro madri prima di nascere, per garantire alla pelliccia una morbidezza inusitata.

In un commento al Talmud del rabbino Simone di Sens ( 1253 ) si parla di un essere di nome Jaduah di forma umanoide dell’ ombelico del quale esce una radice che lo lega al suolo. Nell’ area che gli è resa praticabile dalla lunghezza della radice distrugge ogni cosa. Per ucciderlo bisogna tagliare quella specie di cordone ombelicale. Praticamente un agnello che distrugge tutta la pastura che è nel suo raggio di azione.

Malaxecheverrìa avanza una ipotesi interessante sul fatto che non vi siano riscontri nelle arti plastiche e figurative del medioevo ne nella letteratura: secondo lui il borametz incarna un significato simbolico ambiguamente blasfemo. Infatti l' agnello è senza dubbio il più diffuso e conosciuto simbolo del Cristo; e la sua unione con la pianta o l' albero, che invece riporta a un simbolismo a fondo esplicitamente sessuale, veniva rifiutata o almeno evitata a livello inconscio dall' artista medievale.
Mixer84
00venerdì 13 febbraio 2009 20:25
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